Lettone sì, lettone no
La notte è uno stress. Dalle poppate fino ai raffreddori, passando per i mal di pancia e le influenze di stagione (vedi bronchiti e alterazioni togli-sonno), il problema più difficile da risolvere da due anni a questa parte, per me, è stato riuscire a riposare.
E se dormire 8 ore (o più) ormai è un miraggio (nelle settimane peggiori di questo inverno, mi aggiravo per casa pregando per “Una notte, solo una notte di sonno!” ma nessuno mi ha ascoltata, sigh!), cercare di lavorare per far sì che il sonno diventi una prassi familiare, è un must per ogni mamma.
Come tutte ho letto manuali, mi sono documentata online, mi sono confrontata con le amiche.
Una regola non c’è, questo è chiaro. Anche se per la prima volta nella storia, l’American Academy of Sleep Medicine ha pubblicato sul Journal of Clinical Sleep Medicine (http://www.aasmnet.org/articles.aspx?id=6326) le “dosi ideali” per il sonno dei bambini dai 3 ai 14 anni. Secondo l’istituto americano i neonati dovrebbero dormire 16 ore (sonnellini compresi), gli adolescenti 8.
Ma come si fa a far riposare un neonato per 16 ore? Io nemmeno sommando i riposini diurni ci sono riuscita.
Ma andando a scavare nei ricordi che il poco sonno mi ha lasciato, credo che per me e per mio figlio (e per il nostro sonno), la scelta migliore sia stata la culla per il co-sleeping. Acquistata online per un cifra accettabile da una casa tedesca (la trovate QUI), è stata – fino ad oggi – il miglior acquisto che ho fatto per mio figlio. E per la nostra serenità.
La maggior parte delle critiche al co-sleeping provengono da enti e istituzioni che ammoniscono i genitori: nel lettone gli adulti possono anche “schiacciare” i neonati. Ma con questa fantastica culla, noi questo pericolo non lo abbiamo corso: il mio piccolo riposava nel suo spazio e io non avrei mai potuto (nonostante i bei chiletti presi nei 9 mesi di gestazione) schiacciarlo.
I problemi sono arrivati quando lui è cresciuto, nella culletta attaccata al letto non ci entrava più, e siamo passati al lettino. E’ bastata un’influenza un po’ più lunga e tutte le sane abitudini (tu nel letto tuo, io nel letto mio) sono svanite. E per circa 5 mesi ha dormito in mezzo a noi.
All’inizio mi piaceva, lo ammetto. Averlo di nuovo accanto a me, poterlo accarezzare, baciare. Era bello. Ma poi, il signorino, ogni giorno più pesante, ha iniziato ad “allagarsi”. E a mettersi – fisicamente – di traverso tra me e il padre. Lui dormiva male per giunta. Quando mi sono decisa a rimetterlo nel suo letto (per ora, ancora accanto al mio) ha iniziato a dormire tutta la notte. Raffreddori, febbri e bronchiti permettendo.
Morale della favola? Cercare di capire le proprie esigenze e quelle del bambino e creare – anche di notte – un rapporto mamma-figlio sano e rispettoso per entrambi. Magari per alcuni di noi il lettone funziona dormire insieme. Ma per altri no. Credo che l’importante sia davvero riuscire a dormire!