La magia dei giardinetti

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giardinetti

Nei ricordi della mia prima infanzia ricordo i giardinetti come un’oasi felice dove si giocava liberi, anche se guardati a vista da bambinaie, nonni, fratelli e genitori.

I giardinetti rappresentavano per i bambini le prime uscite indipendenti dallo spazio chiuso delle case. E il desiderio di magia si realizzava attraverso i primi contatti con uccellini, insetti, lucertole, fili d’erba e l’acqua che usciva dalle fontanelle e dai tubi del giardiniere.

Un mondo a parte con elementi scenografici e attori improvvisati.

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Le panchine:

segnavano il passare del tempo. A ogni ora cambiava scena. Il vagabondo addormentato e infreddolito a prima mattina lasciava spazio, nelle ore più calde, alle chiacchiere di bambinaie con i carrozzini parcheggiati davanti. Verso il tramonto arrivavano ragazzi e ragazze ai primi appuntamenti.

I chioschi:

dei gelati, allora esili “arcobaleni” , dissetanti ghiaccioli montati su stecco di legno, non il gigante Magnum di oggi. Bibite colorate. Gomme americane da masticare per sempre.

Le altalene:

l’unione tra il cielo e la terra. Voli pindarici verso l’orizzonte con i capelli al vento e la paura di rimanere in volo, sempre più in alto.

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Gli scivoli:
precipitare velocemente sempre più giù fino a cadere ridendo nel prato sottostante.

Le giostre:
animali giganti su cui cavalcare per farsi notare coraggiosi a ogni giro da genitori, bambinaie e nonni
macchinine a scontro per sfogarsi, per guidare a imitazione dei genitori, per esibirsi con altri bambini e bambine ammirate.

L’edicola:
non giornali noiosi ma bustine di figurine da collezione, da scambiarsi per esibire generosità o tirchieria nel mondo del baratto bambinesco.

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Le aiuole:
paradiso di animali in fuga, scenari per organizzare il tea con stoviglie in miniatura tra bambole educatamente sedute sul prato.

La fontana di pesci rossi:
campo di osservazione della navigazione muta di pesciolini colorati a caccia di mini-cibo. Infilarvi le mani per acchiappare quel tontolone di pesce grosso.

Il teatrino dei burattini:
un invisibile burattinaio dirigeva scene di guerra e d’amore, botte e zuffe con esilaranti perdite di braccia e teste, concludendo con canzoni e risate, quelle sgangherate dei pupazzi.

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Il venditore di lupini:
vecchietti col viso abbronzato dal sole e secchi di acqua torbida pieni di lupini gialli, olive giganti, passatempo preferito di adulti e bambini a guardare scorrere il tempo sulle panchine.

Il venditore di palloncini:
l’emozione di far volare il palloncino rosso appena gonfiato……..”mi è sfuggiiito” e seguirlo con gli occhi in volo verso dimensioni lontane.

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Il noleggiatore di biciclette:
antico, vecchio, esperto, conosciuto da tutti, severo, con vecchie biciclette scassate a offrire una mezz’ora di libertà tra i vialetti di ghiaia.

I nonni:
magari avevano 40 anni, ma erano nonni affettuosi o severi, impegnati in chiacchiere e discussioni tra coetanei, ma sempre pronti a intervenire alle prime baruffe dei nipoti, a reprimere prodezze e imprudenze.

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Ora i giardinetti esistono ancora ma non hanno più il fascino dei miei ricordi. Gli scivoli e le strutture per giocare riservati ai più piccoli hanno trasformato lo spazio in una “gabbia” prefabbricata e limitata. Le attrezzature di gioco sono spesso abbandonate tra i rifiuti, alla mercé dei vandali.
Resistono scivoli e altalene e soprattutto l’immaginazione dei bambini invariata nelle generazioni.

Come nel racconto “Il gigante egoista” di Oscar Wilde la neve continuerà a cadere e a coprire le aiuole del giardino proibito finché, come nel racconto del gigante egoista, ci sarà un bambino, forse si chiama Gesù Bambino, che giocherà col tubo dell’acqua abbandonato dal giardiniere, e salterà a piè pari nelle pozzanghere per riempirsi … “per sbaglio”… di schizzi di fango , a caccia di girini, farfalle e bruchi da mostrare agli amici, per vivere la magia del mondo incantato dei giardinetti.

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